A cura di Dott. Angelo Sandri (Cervignano del Friuli/ in provincia di Udine)
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Segretario politico nazionale della Democrazia Cristiana
Direttore Responsabile de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana
< ANGELO SANDRI (D.C.): NEL REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA DEL 12 GIUGNO 2022 LA DEMOCRAZIA CRISTIANA INVITA A VOTARE DUE “NO” E TRE “SI” ! >
Ricordiamo un celebre intervento di Carlo Donat Cattin che prendendo la parola ad un Congresso nazionale della Democrazia Cristiana (in cui lo contestavano per aver preso una posizione politica che si giudicava non consona rispetto all’opinione che si presumeva prevalente) esordì dicendo:
< Noi non siamo stai mai ragazzi del coro ! >
Certamente lo stato delle cose riguardanti la Giustizia richiede una riforma urgente, con i processi che camminano a passo di lumaca; con milioni di procedimenti civili e penali pendenti; con la Cassazione è intasata di ricorsi.
Una situazione senz’altro così deludente è il frutto di molti fattori a cui ha certamente concorso una Magistratura assai corporativa e troppo politicizzata, legata ai centri di potere, frantumata in correnti, malata di autoreferenzialità e protagonismo.
Siamo profondamente convinti che per uscire dalla crisi del sistema giudiziario abbiamo bisogno di ancorarci saldamente alla Costituzione della Repubblica Italiana e non sarà l’eventuale approvazione dei cinque quesiti referendari ammessi dalla Corte Costituzionale a permettere – da sola – il recupero di credibilità del sistema giudiziario ed a guarirlo dalla sua non certo eccessiva …. produttività … !
Lo strumento referendario – che chiede al corpo elettorale di decidere con un secco SÌ o NO su un quesito così come viene posto – non è sicuramente lo strumento migliore possibile nel cercare di risolvere complesse questioni tecniche (con notevoli ricadute politiche).
Non foss’altro perché l’Assise parlamentare dovrà comunque ed in ogni caso intervenire per colmare il vuoto creatosi con l’eventuale abrogazione delle norme.
Fatta questa opportuna premessa, va comunque riconosciuto come l’approvazione di alcuni quesiti referendari (come quello che riguarda i Consigli giudiziari, quello delle “correnti” del Consiglio Superiore della Magistratura e quello della separazione delle funzioni) potrebbe costituire un forte richiamo alla responsabilità del legislatore e in generale del sistema politico italiano.
Tale approvazione (dei tre quesiti referendari summenzionati) diventa quindi una forte sollecitazione a che si provveda a cercare di risolvere in maniera strutturale le questioni poste dai quesiti referendari su cui andremo a votare.
Ribadiamo dunque le posizioni che la Democrazia Cristiana – dopo un suo dibattito interno sufficientemente approfondito – ha espresso sui cinque quesiti referendari.
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1) Sospensione, incandidabilità e ineleggibilità di politici condannati (cosiddetta Legge Severino). SCHEDA ROSA
La Legge Severino (D.lgs. n. 235/2012), dispone l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di Parlamentari, membri del Governo, Consiglieri regionali, Sindaci e Amministratori locali, in caso di condanna penale.
L’art. 11 impone la sospensione anche degli amministratori locali condannati ancorchè in via non definitiva.
Il quesito referendario si propone di abrogare l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza ritenendola misura eccessivamente afflittiva nell’ipotesi di successiva assoluzione.
Eliminato l’automatismo i Magistrati potranno comunque valutare se applicare ai politici l’interdizione dai pubblici uffici.
Votare SÌ significa tornare al regime delle incandidabilità vigente prima del 2013 dove sarà solo il Giudice a decidere sul singolo caso.
La Legge Severino, nel porre condizioni di candidabilità, deve ritenersi costituzionalmente legittima. Essa persegue l’obiettivo di contrastare l’illegalità e la corruzione all’interno dell’Amministrazione per proteggere l’integrità del processo democratico.
La DEMOCRAZIA CRISTIANA propone di votare < NO > e quindi di mantenere in vigore la Legge Severino.
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2) Sulla custodia cautelare. SCHEDA ARANCIO
La custodia cautelare in carcere può essere disposta in caso di “gravi indizi di colpevolezza” e deve essere motivata dal pericolo che l’indagato possa commettere di nuovo il medesimo reato per cui è accusato (cosiddetta reiterazione del reato), oppure dal pericolo di fuga o dal pericolo che vengano inquinate le prove a suo carico.
Il quesito referendario ha l’obiettivo di introdurre limiti alla custodia cautelare in carcere con l’abrogazione dell’art. 274 comma 1 lett. c) del Codice di procedura penale nella parte in cui consente la carcerazione preventiva se vi è il rischio che l’imputato possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede.
I promotori del referendum ritengono in tal modo di evitare che la carcerazione preventiva possa colpire persone che poi risultino innocenti.
Votare SÌ significa che la custodia cautelare non potrebbe essere applicata se motivata dal solo pericolo di reiterazione del reato.
Se la sola esigenza cautelare fosse il rischio di reiterazione del reato, l’arresto in flagranza per diverse tipologie di reati (anche gravi) sarebbe seguito dall’immediata remissione in libertà.
Votare NO significa mantenere la norma nella sua formulazione attuale.
Vero è che esiste il problema di un uso distorto della custodia cautelare in carcere, ma è altrettanto chiaro che la soluzione proposta dai promotori del referendum è peggiore del male.
LA DEMOCRAZIA CRISTIANA propone di votare < NO > perché crediamo che sia possibile il rispetto della dignità dei detenuti e, nel contempo, mantenere adeguati livelli di sicurezza individuale e collettiva.
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3) Sulla separazione delle “funzioni” dei magistrati. SCHEDA GIALLA
Non si tratta di separazione delle carriere (per la cui attuazione occorrerebbe una profonda modifica costituzionale).
Il Presidente della Corte Costituzionale ha precisato che “la carriera secondo questo referendum non viene toccata, rimane unica. Quando si parla di carriera, ci si riferisce propriamente al come si entra, come sono regolati gli avanzamenti, qual è l’organo che decide su avanzamenti e spostamenti; tutto questo rimane comunque comune, e la carriera è la stessa in realtà”.
Si tratta, dunque, del passaggio dalla funzione di Giudice a quella di Pubblico Ministero e viceversa.
Il Pubblico Ministero è il magistrato che dirige le indagini dopo aver esercitato l’azione penale e rappresenta la pubblica accusa nel processo penale.
Il Giudice deve decidere a conclusione del procedimento se condannare o assolvere coloro che sono imputati di reato, sulla base delle prove fornite dalla pubblica accusa e dalla difesa dell’imputato.
La caduta della fiducia nella Magistratura va ricercata principalmente nelle crepe che si sono prodotte nella indipendenza e imparzialità che la Costituzione esige per ogni Magistrato.
Non si vuole sostenere che il Magistrato non debba formarsi opinioni personali sui princìpi e sui valori tradotti in legge; si vuole però pretendere una loro autodisciplina perché il ruolo istituzionale ricoperto sia svolto senza faziosità.
La scelta all’inizio della carriera se svolgere le funzioni di Pubblico Ministero o di Giudice può contribuire a rendere effettivi i princìpi di indipendenza e imparzialità.
La DEMOCRAZIA CRISTIANA propone di votare < SÌ > per abrogare tutte le norme che consentono il passaggio del Magistrato, nel settore penale, dalle funzioni di giudicante a quelle del requirente (Pubblico Ministero) e viceversa.
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4) Ammissione alla discussione e votazione dei componenti cosiddetti “laici” nei Consigli giudiziari. SCHEDA GRIGIA
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha il potere di valutare la professionalità e la competenza dei magistrati ed esercita questo potere sulla base delle valutazioni di organismi territoriali, ossia i Consigli giudiziari.
I Consigli giudiziari sono composti da magistrati e da una cosiddetta “componente laica” rappresentata da Avvocati e Professori universitari in materie giuridiche.
La componente laica non partecipa alla discussione e votazione che riguardano la competenza dei Magistrati.
Il referendum abrogativo si prefigge l’obiettivo di ammettere alla discussione e al voto anche i membri laici.
L’obiettivo è quello di elevare l’etica della responsabilità di tutti i Magistrati attraverso la verifica sull’attività svolta a cui sono sottoposti (ognuno con modalità diverse) tutti i professionisti e lavoratori.
La DEMOCRAZIA CRISTIANA propone di votare < SÌ > perché anche Avvocati e Giuristi possano partecipare alla valutazione dell’operato dei Magistrati.
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5) Contro le “correnti” nella Magistratura. SCHEDA VERDE
Il quesito chiede l’abrogazione dell’art. 25 comma 3 L.195/1958.
La norma richiede ad un Magistrato che intenda candidarsi nell’organo di controllo della magistratura (CSM), di procurarsi dalle 25 alle 50 firme per presentare la propria candidatura.
I promotori del referendum ritengono, consentendo a tutti i Magistrati in servizio di candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura, di scardinare il sistema delle “correnti” eliminando (o comunque limitando fortemente) la loro influenza esercitata nelle decisioni del CSM stesso.
La DEMOCRAZIA CRISTIANA propone di votare < SÌ > per eliminare la necessità di accompagnare la candidatura con una lista di presentatori, privilegiando in tal modo le qualità professionali del candidato piuttosto che l’appartenenza a una determinata “corrente” con un suo preciso orientamento politico.